Milano Est Ovest

Tra gli spazi del mondo

RACCONTI DALLA MILANO DI SOPRA

di Giuseppe Lupo (scrittore e docente universitario)

In piazza San Babila, a Milano, si arriva quasi all’improvviso, sbucando da corso Monforte e con la sensazione di aver attraversato una zona della città - corso Concordia, piazza Tricolore, corso Indipendenza - che assomiglia a una timida signora arrivata all'età in cui l'appassire dei giorni fa ancora ben sperare in una fioritura primaverile. Basta guardare ai cornicioni dei palazzi, ai pluviali lungo i muri, alle persiane dei balconi e si capisce che sarebbe adatta a un film di ambiente ottocentesco. E viene perfino voglia di pensare a quel che Leonardo Sinisgalli raccontava in una poesia del 1934: una pioggerella di marzo, le fioraie sotto i portici, gli ombrelli gonfiati dal vento e saliti al cielo come mongolfiere. Poi però basta abbassare lo sguardo al livello della strada e fissare le colonnine dei dissuasori mobili, seguire il flusso di passanti che smanettano ciascuno sul proprio smartphone, per riconoscere i segni di un postmoderno dove la basilica intitolata al vescovo di Antiochia, San Babila appunto, martirizzato sotto l'imperatore Decio nel 250 d.C., sembra quasi una reliquia di un mondo dimenticato. Non occorre molto per accorgersi che si è modificata non soltanto la topografia, ma anche l'antropologia di questa parte di città. La piazza, pavimentata in porfido e interdetta ai veicoli, si è trasformata in un salotto pedonale. Quel che un tempo rischiava di passare in second'ordine a causa del traffico - sedili in pietra, fontane, aiuole - adesso è diventato arredamento e perfino la torretta per l'aspirazione dell'aria ha la parvenza di un monumento.

Metro M4 Milano, Stazione San Babila - Webuild

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Le insegne con la M rossa e la M blu di fianco alle scale dicono che qui avviene l'incrocio con la linea 1 del metrò, la più antica di Milano. Per far passare la M4 sotto le gallerie della M1, i tecnici hanno dovuto impiegare due Tbm dotate di diametro maggiore rispetto agli esemplari più piccoli che avevano scavato fino alla fermata di Tricolore. Le due Tbm, ipertecnologici bruchi meccanici in grado di avanzare nel terreno ingoiando terra lasciandosi alle spalle l’ampio cunicolo dove passeranno i treni, si sono spinte a una profondità di oltre venti metri, tanto che è sufficiente affacciarsi anche solo pochi minuti per verificare che la sede dei binari si trova in una zona profonda, tanto che il preatrio della M4 finisce per essere allo stesso livello delle uscite della M1. Infilarsi in una delle scale mobili che portano alla banchina provoca lo stesso brivido che si avvertirebbe alla partenza di una gara di salto con gli sci, in cima a un trampolino olimpico, quando le inquadrature televisive vengono effettuate dall'alto: invece del bianco neve prevale il laminato grigio delle piastrelle con cui sono rivestiti i muri e questo colore restituisce una percezione asettica e metallica, un motivo di distaccata eleganza caratterizza gli ambienti segnati dalle fasce blu e l'imprevedibilità della vertigine fa acquisire a discese e salite il sapore di un breve viaggio in una ipnosi lunare, un immergersi o un riemergere da strutture che si adatterebbero a navicelle spaziali. Il pregio della bellezza della M4 sta proprio nei riflessi luccicanti dei faretti e dei neon, la cui presenza nulla toglie alle soluzioni tecniche che la stazione può vantare: una galleria molto più larga rispetto alle dimensioni del treno,  il corpo stazione che ha la forma chiamata "a sogliola", assai più stretto e lungo rispetto a quello "a scatola" di piazza Tricolore, e che si collega con le banchine mediante tre passaggi realizzati con la tecnica del congelamento. 

Metro M4 Milano, Stazione San Babila - Webuild

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Nell'intersecare la M1 si gioca il ruolo strategico della M4: non un semplice scambio di passeggeri da un capo all'altro di Milano, ma il filo diretto con gli spazi del mondo. È come se l'aeroporto di Linate si spingesse fino al cuore della città, ai suoi negozi, ai suoi portici, al razionalismo marmoreo dei palazzi pensati dell'architetto Caccia Dominioni. Oppure, viceversa, come se gli aerei cominciassero la fase di rullaggio di fronte ai mattoni rossi della basilica e le spie rosse che illuminano le piste di Linate lampeggiassero già da corso Vittorio Emanuele. I saluti di chi parte e i sorrisi di chi arriva si allacciano sotto le guglie del Duomo. La M4 è la linea degli amori rimandati all'ebbrezza di un ritorno, degli incontri fra individui di lingue lontane. Forse è quest'aria di partenze e di approdi a fare della stazione un luogo di appartenenze fugaci, di certezze labili come i confini di una geografia ancora tutta da circoscrivere, tanto volatile quanto evanescente. Almeno finché non si torna in superficie, riemergendo dalle scale mobili che assomigliano sempre più alle combinazioni labirintiche di Escher. All'aria aperta, camminando sul tappeto di porfido che congiunge piazza San Babila con corso Europa, riprende vigore l'antica immagine del salotto di Milano, una certa aria di Novecento che non muore mai.

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