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Milano Est Ovest

Storia della “famosa fascia rossa”

RACCONTI DELLA MILANO DI SOPRA

3 min


Metro M4 Milano

Viaggio architettonico e culturale alla scoperta della storia del design della metropolitana milanese

Se ne parlava da quasi un secolo, ma fu solo nel 1964 che il sindaco Pietro Bucalossi tagliò il nastro della prima stazione della Rossa in piazza Duomo. Con tanto di benedizione del vescovo e sfilata di ministri, anche se dal governo non arrivò nemmeno una lira: la metropolitana fu finanziata dal Comune e da una sottoscrizione di cittadini. 

Quel primo novembre un alieno sbarcò in città e la conquistò: per la prima volta si scelse di mettere grafica e design a servizio dello spazio pubblico. Una rivoluzione consacrata lo stesso anno dal prestigioso premio di design Compasso d'Oro, vinto per il progetto architettonico e grafico di Franco Albini e Bob Noorda.

Fu dalla collaborazione di due dei protagonisti della rinascita della grafica italiana del XX Secolo che nacque l'intuizione di integrare elementi architettonici, segnaletici e d’arredo senza nasconderne la natura sotterranea e creando uno spazio che non somigliava per nulla al “mondo di sopra”.

Per comprendere la portata rivoluzionaria della Rossa bisogna immergersi nel contesto storico e culturale dell'epoca. Tra la fine dei Cinquanta e l'inizio dei Sessanta i concetti di immagine coordinata e standardizzazione non erano ancora acquisiti, ma innovativi. Arrivarono a Milano grazie a personalità come Noorda, che si formò ad Amsterdam sotto l'influenza del movimento Bauhaus, e Max Huber, passando per il famoso Studio Boggeri, fondato nel 1933 e considerato la prima grande agenzia di comunicazione visiva italiana. 

Per architettura d'interni, strutturazione e segnaletica gli impianti costruiti fino a quel momento si potrebbero definire quasi ottocenteschi. Ancora oggi le metropolitane di Mosca, Parigi e Londra mostrano retaggi di primo Novecento, legati al Liberty e all'Art Nouveau.

Il progetto della Linea 1 diventò un archetipo, il sistema dominante rispetto a tutto ciò che c'era prima.

I dettagli delle stazioni riprendono il colore della linea di appartenenza. In questo caso, il corrimano giallo identifica la Linea M3

I dettagli delle stazioni riprendono il colore della linea di appartenenza. In questo caso, il corrimano giallo identifica la Linea M3

Qualche anno dopo a Noorda fu assegnato dalla New York City Transit Authority il compito di unificare la segnaletica di tutti i sistemi di trasporto della città. Nel 1970 Noorda e Massimo Vignelli pubblicarono il “Graphics Standards Manual”, il più importante e celebrato manuale d’identità visiva nella storia del graphic design. «Questo progetto spazzò via tutto ciò che c'era di tradizionale – continua Dondina - La grande invenzione fu la famosa fascia rossa, poi replicata in tutte le altre linee. Quella è l'idea che ha cambiato tutto».

Per realizzarla Noorda riprese il motivo del corrimano progettato da Albini e Franca Helg sulla rilettura del tubo metallico ispirato ai ponteggi prefabbricati, con l'iconica forma “a punto interrogativo” della parte finale. Il corrimano venne descritto come «un filo d’Arianna che rende più semplici le discese e le salite e accompagna i passeggeri alla meta». Sulla “famosa fascia rossa” si ripete il nome della fermata ogni cinque metri, così da permettere al viaggiatore la lettura anche con il mezzo in movimento. Fascia opaca, non lucida. Per ottenere la maggiore leggibilità possibile, Noorda ridisegnò a mano i 64 caratteri dell’Helvetica, dando vita a un nuovo font che prese il suo nome e oggi si può vedere in tutte le stazioni. Fascia e carattere poi ripresi anche dalle sorelle della Linea 1. 

Il famoso pavimento in gomma nera “a bolli”, targato Pirelli, visto da vicino

Il famoso pavimento in gomma nera “a bolli”, targato Pirelli, visto da vicino

«Di solito un architetto finiva tutto il suo arredamento e diceva: “Adesso ci vogliono un po’ di cartelli che dicano le direzioni” - raccontò Noorda in un'intervista dell'epoca -. Invece no, sulla metropolitana di Milano questo passo è stato fatto in stretta collaborazione e abbiamo tirato fuori un nuovo sistema, la famosa fascia rossa della Linea 1, e la verde per la 2. Il pensiero razionalista ti aiuta a capire la scelta migliore da offrire al pubblico, e questa, per me, è la funzione della grafica».

Quando ricevette l'incarico, Albini si trovò un edificio già realizzato al rustico, senza possibilità di modificarne la distribuzione o ridimensionarne gli spazi. Così la ricerca architettonica puntò soprattutto sui materiali innovativi, replicabili e seriali, adatti al settore dei trasporti. Il progetto fu infatti realizzato per una sola delle ventuno stazioni iniziali, poiché il presupposto era che le soluzioni fossero replicabili con facilità per le altre. 

Nacquero così gli iconici pavimenti in gomma nera col disegno “a bolli” realizzati da Pirelli. Erano  pensati sia per attutire il rumore dei passi, che per essere sostituiti con facilità in caso di usura. Un’altra invenzione furono i pannelli in Silipol della ditta Fulget, una miscela molto resistente di cemento e polvere di pietre, graniti e marmi vibrati. Le panchine e le scale erano in pietra, di serizzo.  Un lusso, se paragonato alla plastica o al metallo di quasi tutte le altre stazioni metropolitane. Come gli orologi, i tornelli -  o “le tornelle” come si usava dire nel 1964 - erano disegnate dal team di Albini. Anche uno strumento destinato all’obliterazione dei titoli di viaggio, alla gestione dei flussi e al conteggio degli utenti divenne oggetto di una ricerca estetica: i dispositivi erano realizzati in metallo a vista, verniciati con i colori tipici del resto dell’architettura – il bianco e il rosso, i colori di Milano - e caratterizzati da una componente ruotante a forma di trifoglio. Per il percorso di uscita furono invece disegnati dei piccoli sportelli metallici, verniciati in marrone – lo stesso colore  dei telefoni e di altri elementi di arredo - con la sola scritta “uscita” in bianco, azionati da una pedana sotto il pavimento in gomma che ne sbloccava il magnete.

Le stazioni della metropolitana milanese sono caratterizzate da un'integrazione - molto innovativa per l’epoca - di elementi architettonici, segnaletici e d’arredo

Le stazioni della metropolitana milanese sono caratterizzate da un'integrazione - molto innovativa per l’epoca - di elementi architettonici, segnaletici e d’arredo

«La metropolitana di Milano è il simbolo della nuova stagione del boom economico. Accanto a un capitalismo illuminato, e penso a Pirelli, Rinascente, Campari, c'erano istituzioni e imprese pubbliche capaci di condizionare molto la cultura. La Rossa è lo specchio di un tempo nel quale le aziende investivano molto non soltanto nella produzione, ma anche nella costruzione dei brand e nella riflessione sul concetto di identità aziendale - continua Dondina -. Impossibile non tornare alla grande lezione di Olivetti, l'azienda che più di tutte ha influito e condizionato il concetto di questa cultura di impresa. La metropolitana è arrivata come una chiusura simbolica di un periodo della Ricostruzione, del consolidamento economico e culturale. Da lì in poi, nasce il grande boom. È uno spartiacque, «segna un prima e un dopo».

 «Il grafico non è un artista che possa agire secondo il proprio libero pensiero. Non mi sono mai sentito libero, in questo senso, perché ho sempre dovuto individuare un sistema visivo facilmente comprensibile per il pubblico. È questa, per me, la grande differenza tra l’opera dell’artista e quella del grafico e la differenza tra pubblicità e grafica» confidò Noorda illustrando il nostro patrimonio cittadino. Un patrimonio dove l'unico rischio che si corre è quello di passarci in mezzo, magari ogni giorno, senza mai riuscire a coglierne e apprezzarne lo straordinario valore.

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